Chiuso in un piccolo acquario scoperto, abituato a relazionarsi unicamente ad una palma finta, un insetto morto e una bambola a cui mancano la testa, un braccio e le gambe, un camaleonte si crede un attore. Mentre viene trasportato in macchina lungo il deserto al confine tra Stati Uniti e Messico un imprevisto lo sbalza fuori dall’abitacolo e cambia tutta la sua vita. Da che era solo in un acquario ora è solo nel mezzo del deserto.
Fosse stato un cartone animato Pixar il camaleonte protagonista avrebbe affrontato un viaggio impossibile lungo tutta la vastità desertica per tornare nella macchina dai suoi affetti, invece è un film di Gore Verbinski (regista di The ring e Pirati dei Caraibi), realizzato dalla Industrial Light And Magic per la prima volta alle prese con l’animazione dopo decenni di trionfi nel campo degli effetti speciali. Non ci sarà nessuna odissea ma una grande avventura, nel senso più classico del termine.
Il camaleonte che si crede attore, arrivato nella cittadina di Polvere, capisce istintivamente di trovarsi in western e si adegua. Diventa così Rango, pistolero infallibile, che sembra il Clint di Leone. E non solo lui. Tutto il film da quel momento in poi è un western leonino (con solo alcune concessioni agli altri maestri del genere), fatto di volti e caratteristi prima che di spazi, fatto di polvere, sporco e deformità prima che di valori incrollabili.













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