Cosa aspettarsi dal regista che tra gli altri ha “firmato” il secondo tempo di Stargate, novanta minuti centrali di ID4 e l’intero Godzilla (ovvero tre delle peggiori performance cinematografiche di sempre)? .Ovviamente nulla di buono, ed infatti il pericolo più grande che corre The Day After Tomorrow, è quello di veder perdere spettatori a causa del preconcetto.
Pare incredibile infatti, ma stavolta, ad Emmerich è riuscito (quasi tutto) bene, e siamo oggettivamente di fronte ad uno dei migliori tra i blockbuster estivi degli ultimi anni e ad una pellicola che riesce miracolosamente ad unire una incredibile ed incontestabile spettacolarità visiva con una insperata e grande profondità sociale e politico/ambientalista.
Inopinatamente, Emmerich spoglia il suo film di ogni patriottismo becero e “sborone”: i proclami di Bill Pulmann e Will Smith in Independence Day sono lontani anni luce. I tempi cambiano, e non è più aria di proclami e buonismo generalizzato ma piuttosto, per l’autore, di un veloce ritorno ai temi e ai tempi della sua opera prima, quel Il Principio dell’arca di Noè che aprì brillantemente un lontano Festival di Berlino nel 1984.
Gli effetti speciali surclassano qualsiasi altra produzione a largo budget degli ultimi anni, opere di Lucas e Jackson comprese. La verosimiglianza delle tempeste nelle città ed in spazi “reali” sbalordisce, ridefinendo contestualmente il concetto di computer grafica (come ai tempi fece del resto ID4, ancor’oggi con 7 anni e passa sulle spalle uno dei film più visivamente spettacolari di tutti i tempi) ed immerge lo spettatore in un clima di realismo senza precedenti. In un cinema con schermo grande e sonoro valido, sarete realmente in mezzo alla tormenta e potreste seriamente provare brividi di freddo ed emozione nel momento in cui sorge “l’alba del giorno dopo”, pallida ma accecante, che ammanta lo skyline Newyorkese in una candida e soffice coltre di neve.
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